«Papà, a che serve la storia?»: questa era la domanda che quasi 80 anni fa Marc Bloch poneva all’apertura di Apologia della storia, un libro che ha segnato generazioni di lettori. Oggi, di fronte a un tempo radicalmente diverso dal passato, dove le categorie di continuità tra le generazioni appaiono saltate, la risposta più semplice sembra essere: «a nulla». La storia sembra diventata nient’altro che un racconto suggestivo, da rendere il più possibile spettacolare, intrigante e misterioso. Se poi ci si inventa qualcosa, pazienza, tanto è sempre più arduo distinguere tra fatto e racconto, tra avvenimento e propaganda, tra vita reale e virtual reality. Ma è proprio per questo che la storia serve, anzi è imprescindibile. Il suo metodo critico è fondamentale per riprendere a orientarci, distinguendola da tutto ciò che le somiglia. Un libro sorprendente che restituisce alla storia il ruolo che le compete nella società contemporanea.
Recensioni:
Roberto Rossi, Storia e fake news: un medievista sulle strade del dibattito pubblico, «Storia del pensiero politico», IX (2020), 3, pp. 519-523, DOI: 10.4479/99617
Amedeo Feniello, Il falso e i suoi anticorpi, «Historia ludens», 22 ottobre 2020;
C. Mercuri, La storia è metodo, «Medioevo. Un passato da riscoprire», 288 (genn. 2021), pp. 113-114;
Flaminia Marinaro, “Il Foglio”, 30 gennaio 2021, p. 3;